"Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero" (Oscar Wilde)

28 ottobre 2009

Musica e cervello



"Aveva perso il braccio destro nella prima guerra mondiale; ebbi molte occasioni di vedere come - ogni volta che mettevamo una diteggiatura di una nuova composizione - il suo moncherino partecipasse al processo. Più volte mi disse che avrei dovuto fidarmi delle sue scelte, perchè lui sentiva ancora ogni dito della mano destra. A volte dovevo starmene seduta in silenzio mentre lui chiudeva gli occhi e il suo moncherino continuava ad agitarsi. Questo quando ormai aveva perso il braccio da molti anni"
Lettera di Erna Otten, allieva del pianista viennese Paul Wittgenstein.

Non è la prima volta che sentiamo parlare di arti fantasma. Io ne sentii parlare per la prima volta in seguito ad un caso di amputazione di un arto inferiore occorso ad un mio parente, che, nonostante non avesse più la gamba, continuava ad avvertire dolore, cosa che ci lasciava perplessi, tanto da dubitare della salute mentale dello sfortunato.
Per molto tempo i medici hanno considerato gli arti fantasma come semplici allucinazioni psichiche, riconducibili alla perdita dell'arto.
In "Musicofilia" libro venuto alla luce nel 2007, scritto dal celebre neurologo Oliver Sacks, tra le tante cose, si parla anche del caso del pianista Wittgenstein, e delle ricerche condotte da Silas Weir Mitchell, neurologo che ebbe la "fortuna" (suona male considerando il contesto, ma per fortuna intendo un caso di opportunismo meramente scientifico) di ascoltare i racconti di molti soldati mutilati nell'ospedale "Stump hospital" di Filadelfia durante la guerra civile americana. Convinto dell'onnipresenza del cosiddetto "arto fantasma" in tutti gli amputati, Mitchell ne dimostrò la presenza reale spiegandola come "rappresentazione neurale dell'arto presente nel cervello". Quindi trattasi di rappresentazione neurale dipendente da integrità del cervello e del midollo spinale e delle porzioni superstiti di nervi sensori e motori dell'arto.
Il movimento del "moncherino" (cioè di quello che resta del braccio amputato) di cui parla Erna Otten nella lettera indirizzata ad Oliver Sacks, non è altro che la conseguenza dell'eccitamento provocato su queste aree neuro-sensoriali-motorie.
Tutta la tesi di Mitchell è stata confermata dalla moderna Neurofisiobiologia, che ha peraltro scoperto come, dopo l'amputazione, avvenga una vera e propria riorganizzazione a livello cerebrale con particolare "sensibilizzazione" dell'area corticale (da cui partono gli impulsi neuronali) riguardante il "moncherino".
La riorganizzazione a livello cerebrale è un fenomeno molto importante e degno di curiosità per i musicisti che vogliano comprendere un pò meglio il funzionamento del proprio cervello in materia di apprendimento.
Quante volte ci capita, quando ci accingiamo allo studio di un passaggio tecnico complesso al pianoforte, di scoprire che lo studio "mentale" è produttivo almeno quanto quello allo strumento? Il mio insegnante me lo diceva sempre: "chiudi il pianoforte e studia a tavolino!"...eh...ma che fatica però, soprattutto se consideriamo che, così facendo, viene meno quello di cui ha più bisogno un musicista: il sonoro...quelle vibrazioni che giungono al nostro orecchio e che noi chiamiamo musica. Non è difficile comprendere che il tavolino non potrà mai restituirci il piacere della musica, nè tanto meno una bella scrivania lucida.
Mi è piaciuto scoprire poi, durante la frequenza di un corso di Psicologia musicale, tenuto dalla Prof.Maria Antonietta Lamanna e soprattutto grazie all'utilizzo del testo "Insegnare un strumento - Riflessioni e proposte metodologiche sulla linearità/complessità - a cura di Anna Maria Freschi", che numerose ricerche in ambito neurologico stiano dando delle spiegazioni a quelle che erano solo "supposizioni".
Le ricerche della Neurofisiobiologia del movimento stanno dimostrando che l'apprendimento di un'abilità motoria complessa è costituita da 2 fasi.
1- Apprendimento veloce, momentaneo, simultaneo all'esercizio svolto sullo strumento.
2- Fase Post-training: cioè quella fase successiva all'esercizio in cui avviene una vera e propria riorganizzazione dell'Encefalo, che favorisce l'apprendimento, l'assimilazione a livello mentale e la stabilizzazione della rappresentazione motoria (riorganizzazioni e trasformazioni cerebrali dimostrate anche da Parsons e dalla PET - Tomografia ad emissione di positroni). Detto in parole semplici, stiamo parlando della fase (pare sia soprattutto nelle prime 6 ore post-esercizio) in cui il cervello si organizza e lavora in silenzio, fornendoci le capacità per affrontare meglio il passaggio studiato.
Tornando al libro di Sacks...
"Musicofilia" affronta in modo abbastanza esaustivo varie tematiche ruotanti attorno alla sfera psico-musicale. Sarebbe impossibile citare tutti i casi, gli esempi e le patologie descritte dall'autore.
Si parte da un vero e proprio caso di Musicofilia nella vicenda del dottor Cicoria colpito da un fulmine in una cabina telefonica. Dopo aver rischiato la morte, il protagonista del racconto si risveglia pervaso da un desiderio incredibile di fare musica, infatti incomincia a studiare pianoforte da autodidatta e comporre musica.
Riesce anche ad esibirsi con un discreto risultato.
Altrettanto interessanti, quanto inquietanti, sono i casi di pazienti (musicisti e non) affetti da Epilessia. Durante le crisi epilettiche "sentono" inconsciamente musica senza riuscire ad individuarne la fonte, e, passata la crisi epilettica, non riescono a ricordare la musica mentalmente ascoltata. Sacks parla di vere e proprie "Auree musicali associate all'attacco". Diversi invece risultano essere i casi di Epilessia musicogena, ossia di quelle crisi epilettiche indotte dalla musica come nel caso della signora N., che quasi casualmente individua la connessione tra le sue crisi con l'ascolto di musica napoletana. Si sottopone ad una Lobectomia Temporale parziale e la patologia viene debellata.
Poi si affrontano le associazioni mentali, cioè la capacità di "richiamare" la musica mentalmente, "a comando", e gli "ear worms" (tarli dell'orecchio) o meglio "brainworms" (tarli del cervello - perchè è nel cervello che il problema sussiste), ossia quei motivetti che restano impressi nella mente e di cui non ci si riesce proprio a liberare. Bellissimo l'esempio, riportato da Sacks, in cui una paziente è ossessionata per giorni dal motivo di "Povero Rigoletto" e quindi sente continuamente le "sette paia di coppie" che compongono il motivo.
Beh, non deve essere bello sentire tutto il giorno "la rà la rà la rà la rà la rà la rà la rà" !!! (bellissimo episodio, tra l'altro, dell'opera di Giuseppe Verdi).
- Allucinazioni musicali, ossia veri e propri circuiti musicali nella mente, ripetuti in maniera ossessiva, come degli Ipod nella mente (tutti esempi di allucinazioni neurologiche, e mai psicotiche). Si affrontano anche patologie quali la Amusia, ritmica come nel caso di Che Guevara , Distimbria e Simultagnosia. Quest'ultima patologia è provocata dalla mancanza di una connessione e integrazione tra i fattori riguardanti la percezione musicale, un qualcosa che può essere paragonato a ciò che avviene in casi di intossicazione da cannabis o allucinogeni, per cui una composizione musicale è percepita in modo strano, caotico, in cui tutti gli elementi musicali appaiono isolati. Sacks riporta l'esempio di Anthony Storr, che in Music and the Mind, ci racconta il suo ascolto sotto effetto di mescalina.

"Ero consapevole della qualità pulsante e vibrante dei suoni che mi arrivavano; del morso del'archetto sulla corda; di un appello diretto alle mie emozioni. L'apprezzamento della forma, invece era completamente compromesso. Ogni volta che un tema si ripeteva, lo accoglievo come una sorpresa. Presi singolarmente, i temi potevano rapirmi, ma il loro rapporto reciproco era scomparso"

Ed è l'esperienza che chiunque può aver vissuto, fumando uno spinello, bevendo un pò di più; accade che si focalizza l'attenzione su uno strumento (la batteria, la chitarra...) si colgono le minuziosità ma l'insieme si disintegra in mille frammenti, generando una percezione simile alla disarmonia, manca il senso accordale e tutta la musica viene percepita sotto forma di linee contrappuntistiche separate, e il senso del tempo è compromesso, per cui un brano di 3 minuti può sembrare che duri mezz'ora.

Ad Oliver Sacks io darei un bel 9 e mezzo. Bel libro, interessantissimo tanto per un medico quanto per un musicista.

a Giuseppe

D.F.

18 ottobre 2009

La Ciaccona di Bach : il fascino della trascrizione e della scoperta

A un dato momento Guido domandò il violino. Faceva a meno per quella sera dell’accompagnamento del piano, eseguendo la Chaconne. Ada gli porse il violino con un sorriso di ringraziamento. Egli non la guardò, ma guardò il violino come se avesse voluto segregarsi seco e con l’ispirazione. Poi si mise in mezzo al salotto volgendo la schiena a buona parte della piccola società, toccò lievemente le corde con l’arco per accordare e fece anche qualche arpeggio (…) Poi, contro di me si mise il grande Bach in persona. Giammai, né prima né poi, arrivai a sentire a quel modo la bellezza di quella musica nata su quelle quattro corde come un angelo di Michelangelo in un blocco di marmo. Solo il mio stato d’animo era nuovo per me e fu desso che m’indusse a guardare estatico in su, come a cosa novissima (…) Fui assaltato da quella musica che mi prese. Mi parve dicesse la mia malattia e i miei dolori con indulgenza e mitigandoli con sorrisi e carezze (…) ma Bach procedeva sicuro come il destino. Cantava in alto con passione e scendeva a cercare il basso ostinato che sorprendeva per quanto l’orecchio e il cuore l’avessero anticipato: proprio al suo posto! Un attimo più tardi e il canto sarebbe dileguato e non avrebbe potuto essere raggiunto dalla risonanza; un attimo prima e si sarebbe sovrapposto al canto, strozzandolo. Per Guido ciò non avveniva: non gli tremava il braccio neppure affrontando Bach e ciò era una vera inferiorità (…)

Così parlava Zeno Cosini, per mano di Svevo, in quel romanzo bellissimo che è “La coscienza di Zeno”. Il brano citato, suonato da Guido, è la Ciaccona, l’ultimo movimento che conclude la Partita n°2 (BWV 1004) per violino solo di Bach, assai conosciuto per bellezza e difficoltà.
Eccone la versione violinistica di Milstein:


Un brano così bello non poteva non subire trascrizioni e riadattamenti di ogni tipo e per vari strumenti o addirittura per orchestra (vi sconsiglio vivamente l'approccio alle versioni orchestrali più famose di Stokowski o Casella, entrambe di pessimo gusto); solo per pianoforte, infatti, vi sono varie versioni: Carl Debrois van Bruyck (1855); Ernst Pauer (1867); Joachim Raff (1865); C.Wilschau (1879); Count Geza Zichy (1880); Schubert F.L (1858); W.Lamping (1887); Brahms Johannes (1877-78); Hartman Hans (1892-3); Ferruccio Busoni (1897); Martinus Sievking (1914); Alexander Siloti (1924); Phillip isidore (1925); Emmanuel Moore (1936); Arthur Briskier (1954); Karl Hermann Pilney (1968); Lars Mortesen per clavicembalo nella tonalità di la minore in luogo di re minore (2002);
Le due più famose sono quelle di Brahms e di Busoni. La prima, in ordine cronologico, è quella di Johannes Brahms del 1877 per la sola mano sinistra differente da quella di Ferruccio Busoni di vent'anni seguente (1897). La mia preferita è indubbiamente quella di Busoni. Facente parte del terzo volume della "Bach-Busoni Ausgabe", la Ciaccona riflette in maniera esemplare l'idea di trascrizione del compositore italiano che, con intenti sicuramente incerti, ricollegabili in parte al desiderio di "ispirarsi al virtuosismo violinistico" ,(atteggiamento condiviso da tanti compositori tra cui Liszt, Schumann, Brahms, Rachmaninoff ed altri ancora) in parte all'intenzione di dimostrare fino a che punto il linguaggio e lo stile di Bach potessero esser elaborati su uno strumento così diverso dal violino, come il pianoforte per l'appunto, e il tutto realizzato con i mezzi espressivi a disposizione dell'epoca moderna.
Servendosi di tutte le risorse del pianoforte, esplorate e potenziate, per così dire, attraverso il pianismo di Franz Liszt, nel trascrivere la "Ciaccona", Busoni compie un atto eminentemente creativo rendendo evidenti e valorizzando l'armonia e la polifonia implicite nel testo originario.
A proposito di testo originario ci sarebbe da aprire una piccola parentesi: Ascoltavo, tempo fa, un cd intitolato "Morimur". Il cd propone l'esecuzione della Partita in Re minore BWV 1004 per violino solo contenente la Ciaccona più otto corali Bachiani. Christoph Poppen esegue la Partita utilizzando il violino barocco e L'Hilliard Ensemble esegue i corali alternandoli alle "danze" della Partita. E fin qui tutto abbastanza normale. La particolarità sta nell'ultima traccia del cd in cui si propone nuovamente la Ciaccona, sempre eseguita da Poppen al violino, ma simultaneamente all'esecuzione dei Corali cantati dall’Hilliard Ensemble nel tentativo, udite udite (!!!) di svelare i corali nascosti, messaggi e le presunte simbologie numerico-teologiche criptate nella partitura.
Devo essere sincero. Il primo ascolto mi ha provocato un certo fastidio per la mancanza, a mio parere, di omogeneità tra il suono violinistico di Poppen e gli interventi dell'Hilliard Ensemble.
Ho scoperto successivamente che questo CD dell’ECM New Series è il risultato di una ricerca di una professoressa di Düsseldorf, Helga Thoene, che si vanta di aver scoperto tutti i misteri nascosti dietro le note della musica bachiana e in questa incisione sembrerebbe rivelarli al mondo. Pare che messaggi cifrati, strutture enigmatiche, rimandi criptati - ai nomi dei Bach e ad una teologia ben cifrata e notata - già svelate nelle opere sacre, siano presenti anche nelle composizioni strumentali del compositore di Eisenach, come le partite per violino solo per esempio. Tutta la partitura sarebbe ricca di rimandi criptati alle Sacre Scritture, alla Trinità, a corali Pasquali, Resurrezione e speranza nella vita eterna. La celebre Ciaccona, secondo la prof.ssa Thoene sarebbe un vero e proprio "epitaffio musicale" scritto da Bach in onore della prima moglie Maria Barbara morta prematuramente. Quanto è vero? gli studi e le ricerche meritano sicuramente rispetto, ma i risultati non sembrano essere inconfutabili. Qualcuno li ha paragonati alle congetture "forzate" che gli archeologi amano fare sulle correlazioni tra le Piramidi dell'Antico Egitto e le costellazioni nel cielo.
Enigmi a parte, il risultato musicale può piacere o meno anche se, personalmente, acquista esclusivamente fascino proprio per le eventuali connessioni col trascendente, niente di più...

Tornando alla Ciaccona pianistica, il lavoro di Ferruccio Busoni trascrittore e ricreatore punta soprattutto a evidenziare le varianti armoniche, le possibili trasformazioni e alterazioni cromatiche del basso ostinato di "Ciaccona" ideato da Bach, e allo stesso tempo a sviluppare la polifonia dalla monodia, il tutto, mantenendo una certa unità stilistica nella composizione.
Dal lato squisitamente tecnico-pianistico, Busoni sfrutta tutta l'estensione della tastiera mirando alla maggiore varietà timbrico-coloristica e maggior evidenza alla struttura formale del pezzo. L'aspetto virtuosistico passa in secondo piano se paragonato alle spoglie tensioni melodiche dell'originale per violino, e l'ampliamento dei mezzi, così adattato agli scopi della trascrizione, non genera forzature; Perfino la grande esplorazione dei registri e soprattutto l'utilizzo sistematico di quello grave - elemento che fà della Ciaccona un brano molto al limite del piacere percettivo, se suonato male pestando nel registro grave - come fondamento strutturale della composizione, si giustificano dal fatto che il basso della "Ciaccona" , fondamento stesso delle variazioni seguenti, Bach non poteva indicarlo, nella maggior parte del tempo, senonchè in modo "accennato, velato" alla maniera di una allusione (anche per ovvi limiti di carattere prettamente strumentale del violino) mentre nel testo pianistico di Busoni esso si realizza pienamente in tutta la sua funzione di fondamento armonico e ovviamente in tutta la sua bellezza.
Busoni utilizza elementi compositivi anche nuovi (non solo materiale melodico di contorno e nuove voci che possano tornare utili nell'elaborazione contrappuntistica), non presenti nella partitura originale ma in linea con il suo sviluppo sul pianoforte, accentuando in tal modo il carattere di variazione estesa e continua di tutti i parametri della composizione (melodia, armonia, polifonia, ritmo, timbro), avvicinandosi molto all'esempio dato da J. Brahms, supremo maestro della variazione.
Per quel che riguarda le indicazioni agogiche e dinamiche, le indicazioni timbriche e le sonorità orchestrali espressamente richieste,( realizzate in molti casi anche da una diteggiatura accorta e sapientemente suggerita dai revisori) valgono non soltanto a interpretare ciò che in Bach è lasciato al gusto dell'esecutore (sappiamo che il testo originale è privo di indicazioni su scelta dei tempi e dinamiche), ma anche a costruire una composizione musicale molto equilibrata nonostante le sfumature e i contrasti messi in campo.

Il tema, che all'inizio si presenta alla mano sinistra (non necesseriamente però: io, ad esempio, l'ho spesso eseguito suddividendolo tra le due mani e affidando la dominante dell'accordo di Re minore alla mano destra per infondergli maggiore profondità, scelta soggettiva...ovvio...) forte, in tempo "Andante maestoso, ma non troppo lento", si ripresenta alla fine fortissimo, dopo uno sforzato sul re basso in ottava, pesante e "Largamente maestoso", in una disposizione pianistica tipica della scrittura di Busoni (cioè costituita da accordi a otto o nove suoni che colmano ampi spazi della tastiera) e assume quasi il significato di una vera e propria trasfigurazione del sentimento mistico che regna nel brano, resa desiderabile, attesa e potenziata dalle numerose variazioni che precedono il finale.

Tornando un attimo al discorso precedente sulle scoperte della professoressa Thoene, mi viene da dire che ci si accosta diversamente ad un brano di questo tipo, quando si scoprono connessioni così intime tra l'autore, la sua musica ed elementi extramusicali comunque legati alla vita del musicista, in questo caso appunto la memoria di Maria Barbara, indipendentemente dalla veridicità delle congetture dei musicologi.
In questi casi limitiamoci ad ascoltare la musica in religioso silenzio.

Damiano Franco

Vi propongo l'ascolto della "Ciaccona" di Bach-Busoni in una delle tante e diverse interpretazioni di Arturo Benedetti Michelangeli.