"Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero" (Oscar Wilde)

28 dicembre 2009

Ballata op.23 n°1 in Sol minore - F. Chopin

La Ballata op.23 n°1 in Sol minore di F.Chopin fu composta nel 1835, anche se alcuni abbozzi pervenuti a noi testimoniano che Chopin ci stesse lavorando già dal 1831.
Pezzo complesso nella struttura, come tutte le ballate del compositore polacco, la prima Ballata in Sol minore è un brano articolato in varie sezioni ed è decisamente uno dei brani pianistici che prediligo.
Il brano esordisce con una sesta napoletana (nella sua conformazione più tipica ossia proprio in primo rivolto dell'armonia del 2° grado minore, in questo caso costruita dunque sull'armonia della triade maggiore di lab ), che conduce alla fermata di un'intera misura sull'armonia di dominante. Fino ad allora l'introduzione, una specie di recitativo imitante quasi una timbrica violoncellistica, sembra non voler svelare la tonalità di appartenenza, giocando coi la bemolle percepiti dall'ascoltatore come elementi tonali (il lab sembra la tonica).

(Autografo della prima pagina; introduzione e primo tema)

Come molti ampi pezzi virtuosistici per pianoforte del Romanticismo, anche questa Ballata sembra voler infondere idee musicali di generi tra di essi differenti: potremmo descriverle come "espressività lirica" da un lato e "brillantezza, potenza e passione retorica" dall’altro.
Le idee tematiche principali sono due. La prima affiora immediatamente dopo l'introduzione ( ossia a battuta 7 in sol minore, intorno ai 30" nel video ) ed è una melodia che compare solo nella tonalità minore con un accompagnamento "strappato" che ricorda la recitazione nello stile della ballata. La seconda, che compare a misura 67, (2 minuti e 30" nel video) è un'idea musicale appassionata, eroica, in modo maggiore (mi bemolle), e caratterizzata inizialmente da una lieve ambiguità tra la tonalità di mi bemolle e si bemolle maggiore, per il semplice fatto che essa è introdotta da una dominante secondaria (per più di 4 battute ci si sofferma sul fa maggiore). tra queste idee tematiche si vanno ad intersecare altri momenti di transizione come l'episodio bellissimo presente alla misura 36 e l'altro di misura 138 (assente nel video). Sono questi due, episodi che posseggono una tale stabilità metrico-armonica che assumono subito una chiara identità tematica e vanno a contrastare i temi portanti del brano che compaiono sotto "mutate spoglie" nell'arco della ballata. Bellissima la ricomparsa, ad esempio, del primo tema a misura 94 (3.40" nel video) in tutt'altro clima, adatto alla preparazione dell'episodio centrale, eroico e tra i più appassionati di tutta la letteratura pianistica romantica, che esplode in tutta la sua bellezza a misura 106 (4.05").

Damiano Franco suona la Ballata op.23 in Sol minore
(F.Chopin)



Ma la vera sorpresa del brano è l'ennesima ricomparsa del primo tema alla misura 194. Questa volta si basa su un lungo pedale di Re (una caratteristica che non possedeva in nessuna delle sue precedenti uscite) e collega al "Presto con fuoco" conclusivo da me stesso suonato nel prossimo video.
Disse Robert Schumann di questa composizione in una recensione su musiche di Chopin: "Egli (Chopin) disse ch'era stato ispirato per le sue Ballate da alcune poesie di Adam Mickiewicz"; non sappiamo esattamente il significato e il valore della parola "ispirato" (ispirato dal contenuto letterario del testo di una specifica ballata del poeta? a questo proposito c'è chi ritiene che il brano sia ispirato al poema letterario-narrativo Konrad Wallenrod del 1828) ma è inconfutabile il legame epico-nazionale tra le opere dei due artisti polacchi.
Personalmente non mi interessa molto. Anzi, forse è meglio non conoscere il contenuto che ha ispirato il musicista; si ha più spazio e libertà di "contestualizzare" la musica suonata o ascoltata.

Presto con fuoco...











7 dicembre 2009

verso mezzanotte...

Keith Jarrett suona "Round About Midnight" (Thelonious Monk, Cootie Williams)





It begins to tell,
'round midnight, midnight.
I do pretty well, till after sundown,
Suppertime I'm feelin'sad;
But it really gets bad,
'round midnight.

Memories always start 'round midnight
Haven't got the heart to stand those memories,
When my heart is still with you,
And ol'midnight knows it, too.
When a quarrel we had needs mending,
Does it mean that our love is ending.
Darlin' I need you, lately I find
You're out of my heart,
And l'm out of my mind.

Let our hearts take wings'
'round midnight, midnight
Let the angels sing,
for your returning.
Till our love is safe and sound.
And old midnight comes around.
Feelin' sad,
really gets bad
Round, Round, Round Midnight

(Bernie Hanigen)
E questo è il solo del sassofonista Michael Brecker ricco di inventiva come il video...


un post senza parole...

Keith Jarrett - Somewhere Over the Rainbow





«Dove le parole finiscono, inizia la musica.»

Heinrich Heine

4 dicembre 2009

"Sulla qualità dello studio del pianoforte"


Insegnare a suonare il pianoforte non è affatto facile, e non lo è per vari motivi.
Nella mia esperienza, maturata in questi anni di insegnamento privato, spesso mi sono trovato di fronte a ragazzi non motivati, condotti a lezione di piano per una passione più "genitoriale" che autentica, a volte perchè "è giusto che i ragazzi si tengano impegnati" e, nei casi peggiori, solo per costume. Per molti, mandare il proprio figlio a lezione di piano, avere un bel pianoforte in casa, è "chic", per cui la lezione di piano, mascherata da interesse dell'allievo, diviene più condivisione (da parte dell'adulto-genitore) di un atteggiamento socio-culturale di nicchia.
Così facendo, si trascurano irrimediabilmente e si dimenticano i motivi principali che dovrebbero guidare un bambino/ragazzo allo studio dello strumento:
1) la passione per la musica;
2) la consapevolezza, da parte dei genitori, che studiare pianoforte è, per un ragazzo, formativo almeno quanto lo è lo studio dell'italiano, della matematica, della storia, le scienze, ecc...se non di più;
L'altro annoso problema di chi insegna pianoforte ( o musica più in generale) è che bisogna fare i conti con la pallavolo, il basket, il calcio, la piscina, il progetto a scuola, il corso di informatica e di inglese, la danza...quella classica, moderna, funky...e il torneo di scacchi, quello dei rioni...e tutta una serie di impegni che fanno della vita di un adolescente ( e molto spesso pre-adolescente) un'agenda un po' troppo piena; forse così piena che si possono notare i primi segni di stress già in ragazzi di 10 anni!
Se a tutto questo ci aggiungiamo che qualche allievo ad un certo punto, senza preavviso, potrebbe alzarsi una mattina convinto che lo strumento più adatto a sè stesso non è il pianoforte ma la tromba o la fisarmonica, 
( oppure tutt'e due) ma anche la chitarra, il sassofono, il clarinetto e chi più ne ha più ne metta, viene da pensare:
"Ok, va bene...cambio mestiere!"
Accantonàti un attimo questi problemi preliminari possiamo spendere due parole sull'argomento STUDIO, che è il vero scopo di questo mio post.
L'argomento-studio è importante per un musicista più che per chiunque altro professionista. Lo studio è quella pratica giornaliera che lo accompagnerà sempre, dagli esordi fino alla fine della propria eventuale carriera concertistica o didattica; io amo paragonare lo studio di uno strumento musicale all'esercizio dell'atleta che allena il suo corpo sempre con spirito di sacrificio e di abnegazione. Ed è per questo motivo che su questo stesso argomento si potrebbero versare fiumi di parole senza esaurirne i contenuti e i significati pedagogici, ad essi correlati, della proposta didattica.
Incominciamo dicendo che l'allievo deve studiare cercando di raggiungere il risultato migliore, ottimizzando i tempi soprattutto, quindi imparando a lavorare con continuità e consapevolezza senza perdere tempo a vuoto.
Per "consapevolezza" si intende la capacità di studiare essendo sempre "illuminati" dalla logica e dalla razionalità, prediligendo la qualità a scapito della quantità di studio.
Come afferma G.Sandor in "L'Arte di suonare", lo studio - "non deve essere attività meccanica e automatica, e deve svolgersi invece sotto il vigile controllo del cervello" - anche quando ci si esercita semplicemente in esercizi di tecnica pura - aggiungerei io - sebbene non richiedano un particolare sforzo intellettivo. ( io consiglio vivamente lo studio della tecnica pura solo dopo quello dei pezzi di repertorio, proprio perchè gli esercizi si riducono a semplici formule ritmico-melodiche o comunque fisico-digitali meccaniche).
Alla domanda su quanto tempo occorre studiare al giorno per imparare a suonare bene il pianoforte non c'è una risposta. Sono troppe le variabili che vanno ad influenzare la quantità di studio necessaria, e includono le motivazioni dell'allievo, gli obiettivi che si vogliono conseguire, senza trascurare ovviamente le concrete potenzialità del piccolo pianista. Studiare bene è difficile, richiede sforzo, e soprattutto attenzione da parte dei supervisori. Il compito dell'insegnante è quello di facilitare l'apprendimento e di "insegnare ad apprendere".
Maggiore è la presenza dei supervisori nel lavoro giornaliero dell'allievo, e maggiori saranno i risultati ottenuti. Diverse statistiche hanno evidenziato come casi di "enfants prodiges" si sviluppino in situazioni cognitive-culturali e motivazionali idonee, quindi, volendo fare un esempio, avere un padre/madre-docente in casa che supervisiona costantemente lo studio del proprio figlio, può essere un fattore di grande vantaggio (non è una regola però) ,in quanto aiuta lo studente ad eliminare dalla propria pratica tutto ciò che vi può essere di superfluo e di inefficace.



Autentico caso di enfant prodige, Beatrice Rana, 15 anni leccese, live in Auditorium Flaiano in Pescara, suona il Concerto per Pianoforte e Orchestra N°1 Op.23 di Tchaikovsky (frammento) - Dir. Dario Lucantoni (Orchestra Sinfonica di Pescara)

L'errore più comune per uno studente inesperto è quello di ripetere diverse volte lo stesso brano senza soffermarsi sulle sezioni problematiche e più difficoltose.
In questo modo si rischia di perdere ore sullo strumento con risultati, il più delle volte, frustranti.
Ed è proprio questo il motivo per cui un allievo può esercitarsi quotidianamente sul pianoforte senza riuscire a fare progressi soddisfacenti, mentre un altro dimostra ogni giorno un miglioramento magari studiando di meno ma con cognizione di causa.
E' questo il talento più importante, a mio avviso, per uno studente: la capacità di osservare ciò che fa mentre suona, il "far da solo" ossia il divenire un vero e proprio "maestro di se stesso"; sono abitudini queste che porteranno solo benefici, a differenza di coloro che, pur mettendoci tanto impegno, non si rendono conto che imparare a memoria e ripetere una brutta esecuzione anche cento volte non comporterà mai nè miglioramenti, nè il raggiungimento della tanto agognata perfezione musicale (concetto alquanto relativo).
Purtroppo, come sempre, ciò che è più utile è sempre più difficile da ottenere, ed infatti lo studio razionale è quello che richiede maggiore spendibilità in termini di energia e risorse mentali, e soprattutto, maggiori motivazioni per essere affrontato con serietà.
Consolatevi ragazzi, quando considerate che non sono rari i casi in cui allievi meno talentuosi e meno dotati da un punto di vista squisitamente musicale, suonano meglio di altri "genietti" pigri e svogliati.
Non è affatto detto che colui che venga considerato in tenera età una "giovane promessa" diventi un grande concertista.

Damiano Franco