"Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero" (Oscar Wilde)

4 dicembre 2009

"Sulla qualità dello studio del pianoforte"


Insegnare a suonare il pianoforte non è affatto facile, e non lo è per vari motivi.
Nella mia esperienza, maturata in questi anni di insegnamento privato, spesso mi sono trovato di fronte a ragazzi non motivati, condotti a lezione di piano per una passione più "genitoriale" che autentica, a volte perchè "è giusto che i ragazzi si tengano impegnati" e, nei casi peggiori, solo per costume. Per molti, mandare il proprio figlio a lezione di piano, avere un bel pianoforte in casa, è "chic", per cui la lezione di piano, mascherata da interesse dell'allievo, diviene più condivisione (da parte dell'adulto-genitore) di un atteggiamento socio-culturale di nicchia.
Così facendo, si trascurano irrimediabilmente e si dimenticano i motivi principali che dovrebbero guidare un bambino/ragazzo allo studio dello strumento:
1) la passione per la musica;
2) la consapevolezza, da parte dei genitori, che studiare pianoforte è, per un ragazzo, formativo almeno quanto lo è lo studio dell'italiano, della matematica, della storia, le scienze, ecc...se non di più;
L'altro annoso problema di chi insegna pianoforte ( o musica più in generale) è che bisogna fare i conti con la pallavolo, il basket, il calcio, la piscina, il progetto a scuola, il corso di informatica e di inglese, la danza...quella classica, moderna, funky...e il torneo di scacchi, quello dei rioni...e tutta una serie di impegni che fanno della vita di un adolescente ( e molto spesso pre-adolescente) un'agenda un po' troppo piena; forse così piena che si possono notare i primi segni di stress già in ragazzi di 10 anni!
Se a tutto questo ci aggiungiamo che qualche allievo ad un certo punto, senza preavviso, potrebbe alzarsi una mattina convinto che lo strumento più adatto a sè stesso non è il pianoforte ma la tromba o la fisarmonica, 
( oppure tutt'e due) ma anche la chitarra, il sassofono, il clarinetto e chi più ne ha più ne metta, viene da pensare:
"Ok, va bene...cambio mestiere!"
Accantonàti un attimo questi problemi preliminari possiamo spendere due parole sull'argomento STUDIO, che è il vero scopo di questo mio post.
L'argomento-studio è importante per un musicista più che per chiunque altro professionista. Lo studio è quella pratica giornaliera che lo accompagnerà sempre, dagli esordi fino alla fine della propria eventuale carriera concertistica o didattica; io amo paragonare lo studio di uno strumento musicale all'esercizio dell'atleta che allena il suo corpo sempre con spirito di sacrificio e di abnegazione. Ed è per questo motivo che su questo stesso argomento si potrebbero versare fiumi di parole senza esaurirne i contenuti e i significati pedagogici, ad essi correlati, della proposta didattica.
Incominciamo dicendo che l'allievo deve studiare cercando di raggiungere il risultato migliore, ottimizzando i tempi soprattutto, quindi imparando a lavorare con continuità e consapevolezza senza perdere tempo a vuoto.
Per "consapevolezza" si intende la capacità di studiare essendo sempre "illuminati" dalla logica e dalla razionalità, prediligendo la qualità a scapito della quantità di studio.
Come afferma G.Sandor in "L'Arte di suonare", lo studio - "non deve essere attività meccanica e automatica, e deve svolgersi invece sotto il vigile controllo del cervello" - anche quando ci si esercita semplicemente in esercizi di tecnica pura - aggiungerei io - sebbene non richiedano un particolare sforzo intellettivo. ( io consiglio vivamente lo studio della tecnica pura solo dopo quello dei pezzi di repertorio, proprio perchè gli esercizi si riducono a semplici formule ritmico-melodiche o comunque fisico-digitali meccaniche).
Alla domanda su quanto tempo occorre studiare al giorno per imparare a suonare bene il pianoforte non c'è una risposta. Sono troppe le variabili che vanno ad influenzare la quantità di studio necessaria, e includono le motivazioni dell'allievo, gli obiettivi che si vogliono conseguire, senza trascurare ovviamente le concrete potenzialità del piccolo pianista. Studiare bene è difficile, richiede sforzo, e soprattutto attenzione da parte dei supervisori. Il compito dell'insegnante è quello di facilitare l'apprendimento e di "insegnare ad apprendere".
Maggiore è la presenza dei supervisori nel lavoro giornaliero dell'allievo, e maggiori saranno i risultati ottenuti. Diverse statistiche hanno evidenziato come casi di "enfants prodiges" si sviluppino in situazioni cognitive-culturali e motivazionali idonee, quindi, volendo fare un esempio, avere un padre/madre-docente in casa che supervisiona costantemente lo studio del proprio figlio, può essere un fattore di grande vantaggio (non è una regola però) ,in quanto aiuta lo studente ad eliminare dalla propria pratica tutto ciò che vi può essere di superfluo e di inefficace.



Autentico caso di enfant prodige, Beatrice Rana, 15 anni leccese, live in Auditorium Flaiano in Pescara, suona il Concerto per Pianoforte e Orchestra N°1 Op.23 di Tchaikovsky (frammento) - Dir. Dario Lucantoni (Orchestra Sinfonica di Pescara)

L'errore più comune per uno studente inesperto è quello di ripetere diverse volte lo stesso brano senza soffermarsi sulle sezioni problematiche e più difficoltose.
In questo modo si rischia di perdere ore sullo strumento con risultati, il più delle volte, frustranti.
Ed è proprio questo il motivo per cui un allievo può esercitarsi quotidianamente sul pianoforte senza riuscire a fare progressi soddisfacenti, mentre un altro dimostra ogni giorno un miglioramento magari studiando di meno ma con cognizione di causa.
E' questo il talento più importante, a mio avviso, per uno studente: la capacità di osservare ciò che fa mentre suona, il "far da solo" ossia il divenire un vero e proprio "maestro di se stesso"; sono abitudini queste che porteranno solo benefici, a differenza di coloro che, pur mettendoci tanto impegno, non si rendono conto che imparare a memoria e ripetere una brutta esecuzione anche cento volte non comporterà mai nè miglioramenti, nè il raggiungimento della tanto agognata perfezione musicale (concetto alquanto relativo).
Purtroppo, come sempre, ciò che è più utile è sempre più difficile da ottenere, ed infatti lo studio razionale è quello che richiede maggiore spendibilità in termini di energia e risorse mentali, e soprattutto, maggiori motivazioni per essere affrontato con serietà.
Consolatevi ragazzi, quando considerate che non sono rari i casi in cui allievi meno talentuosi e meno dotati da un punto di vista squisitamente musicale, suonano meglio di altri "genietti" pigri e svogliati.
Non è affatto detto che colui che venga considerato in tenera età una "giovane promessa" diventi un grande concertista.

Damiano Franco

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