"Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero" (Oscar Wilde)

9 novembre 2010

Parola di Arrau


Leggevo un po' di tempo fa un bellissimo libro: "Conversazioni con Arrau" di Joseph Horowitz.
Come ci rivela il titolo, trattasi di colloqui avvenuti tra il maggio 1980 e il luglio 1981 a Douglaston e nel Vermont tra Joseph Horowitz (scrittore, saggista e giornalista eminente della musica americana) e Claudio Arrau León, pianista cileno, uno dei migliori interpreti del ventesimo secolo. Il libro è molto interessante, le conversazioni, registrate e trascritte fedelmente, rispettando il linguaggio, il lessico e le interazioni del pianista, si svolgono quasi in forma di intervista - domanda-risposta - ed affrontano varie tematiche: dall'infanzia, il successo del bambino-prodigio, la maturità, la tecnica pianistica, il repertorio ecc...Quello che mi ha maggiormente colpito leggendo queste conversazioni è stata la parte relativa al periodo di vita venuto post-mortem di Martin Krause, l'insegnante di Arrau, segnato dalla crisi personale e artistica del pianista cileno, culminata in un periodo di cura psicoanalitica con il dottor Hubert Abrahamsohn.
Mi ha stupito la sincerità e la schiettezza con cui Arrau parla dell'attaccamento al suo insegnante, dell'affetto, della stima e del conseguente smarrimento provocato dalla sua scomparsa. Ma più di tutto mi ha stupito la sincerità nel raccontarsi, non solo come artista, ma anche come uomo. Si possono trarre insegnamenti preziosi dai grandi uomini, questo lo si sa con certezza, ed è palese che leggendo alcune righe di queste conversazioni si possa capire meglio il rapporto uomo/artista-pubblico.
Quante volte, e mi rivolgo ai musicisti, vi sarà capitato di sentirvi soli su quello sgabello, davanti al vostro strumento. L'ansia, la paura di sbagliare, il senso di colpa, la temibilissima memoria che sfugge quando proprio non dovrebbe, le mani che tremano, il battito del cuore aumenta...Sono tutte sensazioni che un musicista conosce bene. Sono emozioni terribili ma bellissime nello stesso tempo. Apprezzabili soprattutto quando cala il sipario, quando si spengono le luci e tutto è passato. Ed è bello quando qualche anno dopo ti tornano nella mente, un po' offuscate dal tempo trascorso. Un sorriso si dipinge sui vostri volti, ( ne sono certo ) quando pensate alle paure vissute in quegli attimi.
Ho postato una piccola parte del libro di cui vi parlo. Non ho riportato le domande di J. Horowitz (non me ne voglia!), ma ho estrapolato solo le risposte ( quelle per me più significative ) , quindi sembrerà un monologo che non è.


"Bisogna voler suonare in pubblico non al 100% , perchè non esiste, ma almeno al 90%. Al di sotto di questa percentuale, qualche volta può riuscire fatale (...) Mi sono reso conto, grazie all'analisi, che le difficoltà nelle quali mi dibattevo dipendevano dalla mia vanità. (...) Intendo vanità non nel senso di essere presuntuoso, bensì di voler piacere. E questo dipende certamente dall'insicurezza. (...) 
Quando si è molto giovani non ci si rende conto di essere osservati, e la cosa non ha alcuna importanza. 
Ma con gli anni ci si comincia a chiedere che cosa pensi la gente. (...) Essere una persona umana vuol dire essere ansiosa. E' ridicolo comportarsi come se non lo si fosse, come se non si provasse panico prima di salire sul palcoscenico. Ho dovuto imparare a vivere con le mie ansie (...) Qualcuno crede di potersi liberare dall'ansia, compiendo uno sforzo terribile per non accettarla. Ma l'ansia c'è sempre. Se uno si sente troppo spavaldo, o troppo sicuro di sè, allora c'è qualcosa che non va (...)
Io credo che provare ansia, l'ansia dell'umanità, renda una persona capace di condividere qualunque tipo di sentimento umano. L'empatia è una delle qualità più importanti in un interprete (...)
Con il tempo ho imparato che si dovrebbe semplicemente lasciare che le cose accadano, senza preoccuparsi molto di accontentare il pubblico, di avere successo. In questo caso l'ansia cessa di essere un impedimento e può diventare parte della creatività (...) Quasi ogni interprete deve lottare contro la tentazione di far fiasco (...)
Un tempo pensavo che fosse la fine del mondo e a volte ci mettevo dei mesi per riprendermi. Volevo essere perfetto, divino, al di sopra di ogni imperfezione o errore di memoria. Ma questo produce l'effetto contrario, sempre. Ora non mi angoscio più.
Bisogna dire a se stessi: « E' ridicolo essere così preoccupati, non sono infallibile » "                             

(Claudio Arrau)

E' l'esperienza di un grande ed è tutta racchiusa in poche parole. Il resto Claudio Arrau lo ha detto con le dita.

D.F.

6 novembre 2010

Memories...

Estratto da un mio live della Ciaccona in Re minore (elaborazione concertistica per pianoforte dalla seconda Partita per violino solo) di Bach/Busoni.